Perché le donne in gravidanza dovrebbero bere dalle bottiglie di vetro

Una buona abitudine nel consumo dei prodotti confezionati potrebbe rivelarsi decisiva per la salute dei figli.

Un team di ricerca internazionale ha scoperto un’associazione tra l’esposizione al bisfenolo A, un composto chimico presente in molte plastiche, e lo sviluppo dei disturbi dello spettro autistico.

Donne in gravidanza perché bere bottiglia di vetro
Perché le donne in gravidanza dovrebbero bere dalle bottiglie di vetro-Emiliaromagna-cityrumors.it

A confermare le perplessità c’è l’ESFA, secondo cui la sostanza è pericolosa per la salute: in Europa siamo esposti a livelli oltre la soglia di sicurezza.

Una sostanza che fa paura

Un nuovo studio dell’Istituto Florey di neuroscienze e salute mentale di Parkville negli Stati Uniti e della Facoltà di Scienze dell’Università di Melbourne ha trovato un’associazione significativa tra un composto chimico presente nella plastica e lo sviluppo di disturbi dello spettro autistico.

Motivo dietro la scelta di bere dalla bottiglia di vetro in gravidanza
Perché bere dalle bottiglie di vetro quando si è in geavidanza-Emiliaromagna-cityrumors.it

La sostanza che ha suscitato sospetti è il bisfenolo A, utilizzato per scopi commerciali in molte plastiche per le confezioni di bevande e cibi, come bottiglie e vaschette. Recentemente l’Autorità per la sicurezza alimentare dell’Unione Europea ha affermato che questo composto rappresenta un pericolo per i consumatori; il bisfenolo A è classificato come interferente endocrino, una sostanza in grado di alterare la funzionalità ormonale ed è stato associato a numerose malattie e disturbi, tra questi infertilità, tumori e diabete.

C’ è anche una possibile relazione con l’autismo, sebbene senza certezza nei rapporti di causa-effetto. Il bisfenolo A non provoca l’autismo, ma è uno dei possibili fattori scatenanti insieme a quelli genetici e ambientali.

I bambini coinvolti nello studio

Nello studio stati coinvolti oltre mille bambini dei quali 43 hanno ricevuto una diagnosi di autismo tra i sette e gli 11 anni. I ricercatori hanno analizzato le concentrazioni di BPA nelle urine di centinaia di madri al termine della gravidanza per constatarne l’esposizione al composto durante la gestazione e per valutare i cambiamenti genetici nel sangue del cordone ombelicale, per verificare l’attività dell’enzima aromatasi.

È stato determinato che il BPA sopprime e compromette l’espressione dell’aromatasi cerebrale, sfociando in livelli più bassi degli estrogeni.

E’ emerso che i figli di madri con elevati livelli di BPA avevano un rischio superiore di avere una diagnosi di autismo. Si tratta di una forte associazione che non evidenzia un rapporto di causa-effetto ma è abbastanza per suscitare un legittimo sospetto e la necessità di un serio approfondimento.

Gli autori del nuovo studio suggeriscono che l’esposizione ad alti livelli di BPA possa sopprimere l’attività dell’enzima aromatasi che a sua volta altera la produzione degli ormoni estrogeni, una condizione in grado di favorire l’autismo.

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