Terremoto in Emilia Romagna con Stefano Bonaccini Presidente della Regione pronto a dimettersi. La notizia era di quelle nell’aria, la sua candidatura alle elezioni europee con il Partito Democratico, del quale il Presidente è un dirigente fondamentale, aveva già fatto presagire questa ipotesi.
Finite le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, con il Partito Democratico vincitore morale delle stesse, in Italia, con il raggiungimento ed il superamento del 25% dei voti, risultato che nessuna rosea previsione avrebbe mai potuto ipotizzare, cè da fare ora i conti con il quotidiano. Stefano Bonaccini, infatti Presidente della Regione Emilia-Romagna dopo la valanga di voti ricevuti e la sua elezione a deputato europeo, sta vagliano l’ipotesi di dimissioni da Presidente della Regione.
Candidato come capolista del PD alle Europee nella circoscrizione Nord-Est il noto politico emiliano ha raccolto un risultato straordinario. Sono state ben 390.000 le preferenze raccolte, 390.000 elettori che hanno barrato il simbolo del PD e scritto il suo nome sulla scheda elettorale. In virtù della sua elezione in Europa ed in considerazione che era ormai arrivato alla scadenza del secondo mandato quale Presidente della Regione, Bonaccini dinanzi ad un Partito che non intende andare oltre i due mandati, si dimette per andare a sedere tra i banchi del Parlamento Europeo a Bruxelles.
Emilia Romagna cosa succede se Bonaccini si dimette
“Abbiamo alzato un argine alla marea nera in Europa e in Italia cominciamo a vedere la ruota della Meloni” così, il Presidente commentava il risultato delle urne di qualche giorno fa. Le sue dimissioni, dovrebbero arrivare intorno al 10 luglio mentre il suo insedimaneto a Bruxelles è previsto per il 16 luglio. Dimissioni che, però, creano non pochi problemi al PD ed all’Emilia Romagna.
Il vuoto amministrativo sarebbe colmato dall’attuale vicepresidente della Regione. Irene Priolo, quindi, sarà facente funzione fino all’elezione del nuovo presidente che si ipotizza possano arrivare già a fine novembre del 2024. I problemi, però, sono tutti politici e riguardano, innanzitutto, il Partito Democratico impegnato nella battaglia contro l’autonomia differenziata del Governo Meloni.
Approvata la legge, infatti, le opposizioni pensano ad un referendum abrogrativo. Ebbene per ottenere questo genere di referendum ci sono due strade: quella popolare con la raccolta di almeno 500.000 firme e quella istituzionale con almeno cinque Consigli Regionali a farne richiesta. Le Regioni Sardegna, Toscana, Campania, Puglia ed Emilia-Romagna a trazione centrosinistra erano già allertate. E’ chiaro, dunque, che con le dimissioni di Bonaccini questa seconda ipotesi verrebbe a saltare. Il Consiglio Regionale emiliano, infatti, pur restando in carica potrebbe fare solo l’ordinaria amministrazione. Si tratta di capire se il PD vorrà aspettare le elezioni Emiliane sperando di vincerle o puntare alla raccolta delle 500.000 firme utili per indirre questo tipo di referendum.